Stavolta non parlo di corsa, il PB di cui parlo è un’altra cosa ma penso che sia ben più importante: oggi infatti ho compiuto la mia centocinquantesima donazione di sangue all’AVIS, un traguardo che mai avrei immaginato di raggiungere.
Ricordo che nel lontano 1981, poco più che ventenne presi la decisione di diventare donatore per esorcizzare la paura del sangue. Il solo pensiero del sangue, anche soltanto qualche goccia, mi faceva letteralmente annebbiare la vista e perdere i sensi e la cosa mi provocava insieme preoccupazione e vergogna: come può un giovane, sano e robusto, vivere una situazione simile di fragilità? Allora, decisi di sottopormi ad una vera e propria terapia d’urto: diventare donatore di sangue e mi iscrissi all’AVIS locale. Forse inconsciamente avevo già nel mio intimo lo spirito del maratoneta, quello che ti fa affrontare le imprese più difficili con serenità e coraggio. Le prime donazioni furono difficili, ne uscivo sempre bianco e smorto come un cencio lavato ma non mollai fino a quando pian piano riuscii a vincere questa situazione e adesso eccomi a tagliare questo simbolico traguardo, 150 donazioni.
Non voglio autocelebrarmi, sarebbe inopportuno e sciocco, ma un pizzico di compiacimento credo di potermelo permettere, anche perché la cosa più bella e sconvolgente allo stesso tempo è il senso stesso della donazione. Mi spiego: è nobile l’intento di chi offre gratuitamente qualcosa di proprio agli altri, soprattutto se ne hanno bisogno e non possono ricambiare, ma la cosa unica che fa del donatore di sangue un essere ancora più pazzo e ammirabile è che questo genere di dono è fatto senza neppure sapere chi ne sarà il beneficiario. Fosse anche il mio più acerrimo nemico, colui che magari mi ha riservato solo torti e ingiustizie, se è nel bisogno potrebbe essere lui il destinatario del mio dono, lui forse lo saprà ma io non lo verrò mai a sapere. Questo è bello e grande.
Donare il sangue è anche una pratica salutare, specialmente per gli sportivi: si è periodicamente controllati e si ha la garanzia che la salute è ben monitorata; inoltre il disagio con relativa sospensione dell’attività fisica è limitato alla sola giornata della donazione ed eventualmente anche al giorno successivo, ma il ricambio del sangue apporta anche energie nuove e se ne ha la percezione alla ripresa dell’attività.
E’ bello e gratificante sentirsi chiedere dal medico durante gli accertamenti prima del prelievo “Lei è sportivo?” e verificare che i dati delle analisi cliniche lo dimostrano; fare sport equivale a conservare la salute sia fisica che psichica; fare un gesto di altruismo qual è la donazione fa anche stare meglio spiritualmente.
E allora lasciatemi festeggiare, senza clamori, nel cerchio ristretto della mia famiglia, il mio nuovo Personal Best: non ci saranno medaglie celebrative, non titoli sui giornali, non luci di palcoscenici ma, ne sono certo, il sorriso ritrovato di chi, senza colpa, si trova nella necessità di ricevere un po’ di linfa vitale e, grazie alla mia piccola goccia, non ne rimane privo.
Complimenti, io sono arrivato a 145 donazioni (il 2 gennaio scorso); spero di raggiungere (e superare) anch'io le 150. Andrea-Imperia
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