Venezia. Da anni mi dicevo “prima o poi ci devo andare”, è una città unica e bellissima, è a poco più di 150 Km da casa mia ma c’è voluta la maratona per farmi ritornare a godere di queste bellezze straordinarie che tutto il mondo ci invidia. L’occasione era anche propizia per festeggiare con Cecilia il nostro 20° anniversario di matrimonio e così ci siamo fatti un week end unendo entrambe le cose.
Nessuno della mia squadra a farmi compagnia (
che sapessero già a cosa sarei andato incontro?) ma per fortuna mi sono aggregato agli amici della
Libertas Castegnato, società di cui ho fatto parte prima della fondazione della nostra e con i quali mi lega una bella amicizia cementata dalla comune passione podistica e la condivisione della maratona di Roma. Mancava Alberto (Bibe) appiedato da un infortunio fisico che l’ha un po’ depistato dal running (magari la concausa potrebbe essere il matrimonio…) ma ci ha raggiunto alla partenza da Castegnato per darci il saluto e l’incoraggiamento.
Il viaggio l’ho fatto con Massimo accompagnato dalla moglie e dal figlio e così anche le nostre signore hanno trovato subito il modo di “legare” e pianificare la loro vacanza a Venezia nella mattinata di domenica in attesa della conclusione della nostra gara.
Il sabato l’abbiamo passato a fare i turisti per le calli e i canali veneziani (con supplemento di fatica che ovviamente non doveva essere fatta prima della maratona…).
La notte però ho dormito profondamente, l’ansia della gara era svanita, ero consapevole che ormai quel che avevo seminato avrei raccolto e se la semina fosse stata scarsa non avrei dovuto aspettarmi miracoli, ma ero fiducioso.
Al mattino, dopo una buona colazione, rigorosamente dedicata all’immagazzinamento corporeo di carboidrati e zuccheri si sale sul pullman che ci porterà alla partenza a Stra. E lì li vedi tutti i maratoneti, chi più chi meno tesi e concentrati e pronti all’arrembaggio.
A Stra nella moltitudine incredibile di atleti quasi subito noto la sagoma inconfondibile di Albertozan e poi di Gianluca Master runners, poi alla spicciolata incontro diversi blogtrotters e amici di running forum.
E’ bello ritrovarsi così dopo che gli appuntamenti programmati erano “ovviamente” saltati; ognuno ha i suoi personali obiettivi ma ci sentiamo veramente uniti come un’unica famiglia e ci si dà appuntamento sui rispettivi blog/forum.
Ma occorre affrettarsi, il tempo passa e c’è da cambiarsi, consegnare le sacche e ingabbiarsi nei rispettivi settori (io sono in quello di mezzo, stavolta non più in fondo a tutti come a Roma). Alle 9.30 dopo che prima erano partiti i “professionisti” e i disabili ecco il via.
Inizia la mia seconda maratona.
Sono intruppato tra gente sconosciuta con cui ci si scambia qualche battuta al momento; gli altri sono dispersi, chi in altri settori, chi nel mio stesso ma non li vedo. Appena trovo spazio inizio a ingranare il mio passo, regolare, tra i 5.15 e i 5.20.
Stò bene, mi godo anche la bella riviera del Brenta, ad ogni paese attraversato l’incitamento della folla e soprattutto dei bambini che chiedono il “cinque” mi fa provare brividi di emozione. La maratona è un evento e io sono parte di esso. Il cielo è leggermente velato e per i primi 15 Km il sole non ci dà fastidio, il clima è ideale, il ritmo è regolare.
Finisce la riviera del Brenta e da Malcontenta ci si inoltra nella zona industriale di Marghera. Mi ero preparato psicologicamente a questo passaggio immaginandolo brutto e deprimente anche per le probabili prime avvisaglie di stanchezza, invece grazie anche al cielo sereno e al fatto che stò bene e non avverto stanchezza e fatica vado avanti contento, sorrido e gusto la corsa.
A Mestre addirittura sento un’orchestrina che intona la canzone di Battisti “
dieci ragazze per me…” e mi metto addirittura a cantare!
Intanto è passata la boa della mezza maratona (1.52.31 il mio real time); i pacers delle 3.50 sono dietro e se tutto dovesse andare bene chiuderei davvero attorno a quel tempo stabilendo il mio nuovo personale.
Ma il “drago” è lì che mi stà aspettando e io inconsapevole mi ci stò dirigendo contro.
Qual è il punto più difficile? Il ponte della libertà dicono tutti e invece no, per me è il parco San Giuliano, quel maledetto polmone verde che ci fanno attraversare facendoci girare in su e in giù con saliscendi e che non finisce mai.
Al passaggio del 30° Km mi raggiunge Massimo, abbastanza stravolto e in palese difficoltà; vedendo lui ecco la prima zampata del “bastardo”, mi sento in crisi anch’io e faccio un tratto al passo; passano i pacers delle 3.50 ed è la seconda zampata, Massimo si ferma stremato, è la terza zampata.
Ho uno scatto d’orgoglio, finalmente il parco è finito e si sale verso il ponte della libertà.
Qui è il mio riscatto, vedo Venezia laggiù, so che saranno ancora 4 Km prima della fine del ponte, vedo un sacco di gente ferma, al passo, a fare stretching ma io vado con la mia corsa, non più fluida e veloce ma continua, mi dico che il mostro è stato abbattuto, mi ha colpito ma non mi ha fermato, adesso sono io che detto le regole.
Ma lui, il “bastardone” non è morto, è la che mi attende per darmi il colpo di grazia.
Al Tronchetto mi azzanna di nuovo, mi metto a camminare cercando di raschiare il fondo delle mie residue energie.
Ed ecco un angelo, un salvatore che mi strappa letteralmente dalle fauci della bestia. E’ Gianluca Master runners, mi si affianca mi incita mi sprona, mi spinge, mi vede in palese difficoltà e cerca di darmi pensieri positivi, siamo a Venezia, il tratto brutto del porto finirà, poi viene la parte spettacolare.
Breve sosta al ristoro del 40° Km, il 40° diamine…è finita no?
No, ci sono i 14 ponti come le 14 stazioni della Via Crucis… ma percorro i primi ritrovando un barlume di energia, sempre con Gianluca al fianco che mi grida di non mollare.
Ecco il lungo ponte sul Canal Grande, di là c’è San Marco, folla immensa e osannante, non ce la faccio più, cammino per un tratto, l’incitamento della folla mi fa riprendere la corsa, siamo in vista del traguardo, ancora 7 ponti, la salita sulle passerelle riesco a farla bene ma non finiscono più…
L’ultimo sforzo, laggiù l’arrivo.
Sento un urlo di incitamento, è Cecilia.
Accenno uno scatto, non so come ma ecco la fine, sotto le 4 ore ma sono stravolto.
Mi appoggio alla transenna e poi si deve defluire, mi danno una sacca di viveri, la medaglia al collo, la sacca degli indumenti….
Mi dirigo come uno zombie a cercare un punto per riuscire a cambiarmi, sento lo stomaco chiuso, la stessa brutta sensazione di Roma, ma stavolta non ho mangiato ai ristori, ho solo bevuto acqua, e un bicchiere di integratore salino dopo il 35° Km, ma probabilmente è quello che non riesco a digerire.
Dopo un lungo tempo e un piacevole incontro con altri amici di running forum finalmente mi ricongiungo con Cecilia e con gli altri del nostro gruppo. Qualcuno ha avuto una crisi spaventosa, qualcuno è andato meglio ma siamo tutti molto provati.
Il ritorno è da incubo; io non riesco a digerire e l’ondeggiamento della zattera in attesa, lunghissima, di un vaporetto, col sole che picchia in faccia non è certamente una situazione agevole.
Dopo una buona mezzora però riesco a digerire e allora esco dal tunnel, mi sento molto meglio e analizzo la mia gara.
Mi consola la regolarità dei primi 30 Km; sono un po’ deluso perché avevo in mente un obiettivo diverso ma ancora di più perché sono arrivato troppo stravolto; a Roma provai brividi di emozione che qui invece non ho provato se non nella prima parte di gara. A sera poi la delusione di vedere il mio real time un paio di minuti superiore a quello segnato dal mio garmin per cui non ho neppure limato il tempo di Roma.
E’ stata però tutto sommato una bella esperienza; la maratona è una gara dura e va affrontata con serietà nella preparazione. I lunghi occorre farli. Adesso però stacco la spina per un certo periodo e poi analizzerò meglio cosa è andato bene e cosa è andato male… il maratoneta è stanco… ma un maratoneta non si arrende e sa che ogni sofferenza tempra il corpo e lo spirito.. e io SONO un maratoneta.
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